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Da Pruzzo a Montella, fino a Batistuta e Dzeko: i numeri 9 che hanno fatto innamorare i romanisti

Un'epopea partita nel 1973 con Pierino Prati 'la Peste': storie d'amore folle tra il gol e il popolo della Roma
Martedì 29 agosto 2023
Il fascino della maglia numero 9 (che con Lukaku diventerà 90). I tifosi della Roma sono sempre stati conquistati dai grandi centravanti. Ne hanno avuti sette nella storia recente del club: da Prati a Dzeko, passando per Pruzzo, Voeller, Balbo, Montella e Batistuta. Hanno tutti indossato la maglia 9 (il numero simbolo del bomber per antonomasia) , tranne Batistuta, che dovendo convivere con Montella, si accontentò della 18, dopo un lungo e segreto braccio di ferro estivo.
Pierino Prati 'la Peste'

La maglia numero 9 spettò di diritto a Pierino Prati, arrivato nell'estate del 1973 a impreziosire quella "Rometta", nella quale muovevano i primi passi calcistici Agostino Di Bartolomei e Bruno Conti. Il presidente Gaetano Anzalone, che aveva affidato la panchina a Manlio Scopigno, pochi anni prima campione d'Italia con il Cagliari dei miracoli, convinse l'omologo del Milan, Albino Buticchi e cedere quello che era stato uno dei protagonisti dell'epoca d'oro del Paron Rocco, con uno scudetto e tante coppe internazionali in bacheca. Prati fu acquistato per 650 milioni, Buticchi se ne liberò perchè negli ultimi tempi era stato tormentato dalla pubalgia. I tifosi della Roma all'Olimpico, in occasione di una partita contro il Milan, intonarono un coro di un banale sfottò: "Albino bambino, grazie per Pierino". Nella Roma Prati diventò subito un idolo del pubblico, realizzò 41 gol in 108 partite, il più importante quello del sorpasso sulla Lazio scudettata, nel campionato 74-75, quando i giallorossi vinsero il derby con un suo gol sotto il diluvio. Fu quella la sua stagione migliore, poi il lento declino, fino alla morte, nel 2020, in una Rsa all'età di 73 anni.
Il bomber Pruzzo

Dopo di lui i tifosi della Roma dovettero attendere un solo anno per avere un altro grande centravanti: il colpo di coda di Anzalone prima di lasciare la presidenza a Dino Viola fu Roberto Pruzzo. Pagato una cifra enorme nel 1978: tre miliardi di lire più il prestito di Bruno Conti. Pruzzo rispetto a Prati nella Roma riuscì ad alzare qualche trofeo: uno scudetto e quattro Coppe Italia, con 106 gol complessivi in campionato su 240 partite giocate. Pruzzo fu anche il marcatore nella maledetta finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool, salvo poi chiedere la sostituzione per problemi intestinali. Vinse tre titoli di capocannoniere.
Voeller, il tedesco volante

Sia Prati che Pruzzo (per i tifosi "O'rey de Crocefieschi", il suo paese natale) incontrarono un grande allenatore nella loro carriera giallorossa: Nils Liedholm, che ebbe da Dino Viola un altro bomber nel suo secondo ciclo alla Roma: Rudi Voeller, il tedesco che vola, arrivato nel 1987 dal Werder Brema per 5,5 miliardi di lire. Qualche problema fisico lo condizionò nella prima stagione in giallorosso, ma con Gigi Radice prima o Ottavio Bianchi poi divenne uno dei leader della squadra, arrivando a vincere una Coppa Italia pochi giorni dopo aver perso la finale di Coppa Uefa contro l'Inter.
Gol argentino con Balbo

Il primo grande acquisto di Franco Sensi fu Abel Balbo, il centravanti richiesto da Carletto Mazzone. Arrivò dall'Udinese per 18 miliardi di lire, in cinque stagioni (oltre altre due da comprimario, quando tornò e riuscì a vivere la gioia della conquista dello scudetto) totalizzò 78 reti in 149 partite di Serie A, con una media altissima.
L'aeroplanino Montella

Nel 1999 Montella fu acquistato da Sensi dalla Sampdoria per 40 miliardi di lire, su indicazione di Zeman. Doveva essere il centravanti del boemo e si ritrovò invece con Capello, che l'anno successivo chiese un altro bomber , Gabriel Batistuta. Insieme riuscirono a coesistere e furono i due bomber della Roma scudetto del 2001, i gol di Vincenzo furono determinanti per la conquista del titolo. L'Aeroplanino entrò subito nel cuore dei tifosi, grazie soprattutto alle sue imprese nei derby: la doppietta nel primo giocato e vinto 4-1, il poker inflitto a Peruzzi e Nesta nel 5-1 del 2002.
L'arrivo di Batistuta

Quello di Batistuta fu un acquisto tormentato. Pagato 70 miliardi di lire, quando Sensi si mise in testa di costruire una squadra scudetto per lenire la delusione dei tifosi per il titolo di campione d'Italia conquistato dalla Lazio nel 2000. Pochi mesi dopo ecco l'acquisto di Batigol, presentato all'Olimpico davanti a migliaia di tifosi. La trattativa con Settimio Aloisio, il suo procuratore, fu lunga ed estenuante, Gabriel rimase dieci giorni chiuso in un albergo di via Veneto e quando partì per Buenos Aires per rispondere alla convocazione della Nazionale, l'allora direttore sportivo Franco Baldini lo seguì per ottenere la fatidica firma. Il suo girone d'andata fu formidabile e permise alla Roma di porre le basi per lo scudetto, poi una serie di infortuni lo allontanarono sempre più dalla prima squadra.
Dzeko, il bosniaco di ghiaccio

Gli anni che seguirono, i primi del nuovo secolo, videro l'esplosione di Totti anche nel ruolo di centravanti (lui, giocatore universale) e per avere un altro grande bomber bisogna arrivare al 2015, quando Edin Dzeko fu acquistato dal Manchester City per complessivi 15 milioni di euro. In sei stagioni alla Roma ha collezionato 199 partite di serie A con 85 gol, che salgono a 119 comprese le coppe. Non ha vinto niente, ma è stato l'ultimo capocannoniere della Roma, nel 2016-17, con 29 gol , la stagione in cui si laurea miglior marcatore stagionale di sempre della storia giallorossa con 39 reti . Quell'anno fu anche l'attaccante più prolifico in Europa League. Mourinho appena arrivato lo mise subito al centro del progetto, ma dopo il ritiro in Algarve Edin preferì dire sì all'Inter. Adesso Lukaku farà il contrario: sfilata la maglia dell'Inter, indosserà quella della Roma.

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di Guido D'ubaldo
Fonte: Corriere dello Sport
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